the beach
Sesso selvaggio, Gente che scappa dalla realtà per perdersi nel suo effimero individualismo ed egoistica ricerca della felicità a tratti fasulla ed a tratti più corti quasi reale da poterla quasi toccare, Cinismo e fondamentale solitudine a secchiate violente ed avide in un film di Danny Boyle? (e la novità dove sta?) Se al tempo ti avessero detto che questo film era tutto questo forse, ma dici forse lo avresti degnato di uno sguardo, tanto ti erano piaciuti i suoi film precedenti.
Alla base sei sempre stato convinto che Danny Boyle, regista di questo film nonche’ di quel “Trainspotting” di un’altra manciata di film strafigherrimi (28 giorni dopo ti viene in mente così, andando a braccio) sia sempre stato un uomo coraggioso nelle scelte lavorative che ha fatto.
Ed il fatto che il Belloccio, quell'altro Leonardo li, in questo "The beach" abbia fatto una scelta assolutamente azzeccata ed altrettanto coraggiosa, intraprendendo forse il quel 2000 una scelta affatto dettata dalla grandiosa carriera da belloccio che il precedente "Titanic" gli aveva spianato come idolo delle donne, dalle novenni alle ultra ottuagenarie, ti fa capire che al tempo gli ingredienti che questa pellicola potevano funzionare. Poi la storia ha parlato. E tu ne parli solo oggi. Perché?
Niente, volevi salutare una delle estati più bizzarre della tua vita, in cui sei stato ovunque chi ti stava attorno ti aiutasse a dimenticarti chi sei. E non perché a questo punto tu non ti piaccia. Ma perché la marea è ancora alta, gli squali sono la fuori e la vita è una, anche per chi ami con tutto te stesso. E scappa veloce.
E quindi ti sei ritrovato questo film, a tratti così simile alla natura ukmana che a tratti ti appartiene ed a tratti rifiuti categoricamente, cercando un nord in una bussola che funziona quando cazzo le pare.
Ma, e il film dice? Eh, il film funziona bene ancora oggi, manifesto dei tempi in cui è stato girato, ma ancora oggi, ritraendo delle generazioni che scappano da tutto e tutti, fra l’incomprensione di chi li vede partire per le ferie a scopo di turismo sessuale infarcito di droga, Redemption Song e comunità improvvisate su isole thailandesi improbabili ma incredibilmente credibili per l’istantanea dell’ umanità che stiamo tristemente diventando.
Per fortuna, il nostro well-loved sopravvissuto al naufragio del Titanic a tratti domande se le fa, Ma il triste sentore che resta è quello di un umanità che non sa proprio stare al suo posto.
Come al solito ti chiedi che posto hai tu in tutto questo. E il sorriso alla fine ti resta in virtù del fatto che la tua convinzione è che, se ognuno si fermassi a farsi le domande giuste ci basterebbe poso a capire e capirsi.
In un mondo relegato alla bellissima isola dove il film è stato girato, forse non c’è veramente posto per un “noi”, ma fondamentalmente per un “prima io” che a tratti risulta sbagliato ed a tratti giusto.
La lezione che si può trarne, secondo te, è che forse non c’è posto per sfuggire al proprio destino, nr’ si propri problemi. Potrai scappare finche’ vuoi, ma quello che hai fatto lo pagherai, perché non si può sparire nel nulla fumandoti anche le suole delle scarpe.
Ed in tutto questo il Leo "nel film mi chiamo Richard" Di Caprio trarrà anche lui i suoi spunti di riflessione, come è giusto che sia.
Oltre ad una trama che convince, le tue personali note a margine nel riguardare questo film con occhio più attento ti fanno notare gli inevitabili Rimandi ai doppi significati Kubrickiani ed all’ovvio paragone con “il signore delle mosche”, anche se la reinterpretazione personale di Boyle non fa che rendere omaggio in maniera stilosa e meravigliosamente meravigliosa a questi due grandi mostri sacri.
Voto: 5/5
Un film decisamente riuscito secondo te. Una scelta degli ingredienti del Danny ha restituito una pellicola che rappresenta per lui un’altra perla da inanellare fra le sue altre. Ed il Leo, beh, questo film gli è servito ad intraprendere quel cammino professionale che gli è servito a diventare quello che secondo te è uno dei migliori attori della nuova scuola. Clap Clap.
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