Galeotto fu Cannarsi




Ennesimo segno dei tempi che cambiano, ennesimo cambiamento nel modo di pensare da parte (ed agire) dei big player della TV on demand.
Avevamo (io e nanerottolo ormai dodicenne) accolto con gioia e gaudio l'arrivo di Neon Genesis Evangelion su Netflix. Grande la gioia nel non dover tirare giù dai miei scaffali impolverati i divudì e i raggioblù ogni qual volta avessi voluto riguardarmi una delle più belle serie degli ultimi, chessò, vent'anni? Si, almeno vent'anni.





Poi, la gioia si spegne al primo episodio. Cambiano i doppiatori, voci nuove. Vabbè, Netflix ci ha messo mano; a fronte di quel restyling in HD, inizialmente nella cavernerd domestica la notizia si è accolta con piacere sopraffino. Certo, ascoltare quelle voci così diverse faceva un tantino strano. Ma lo strano poi è diventato bizzarro, il bizzarro incredibile ed alla fine l’incredibile GROTTESCO.

Le linee di dialogo completamente stravolte in un italiano improbabile, allo stato di quei titoli di film i cui titoli, una volta tradotti in italiacano lasciano basiti, o come quelle sigle di cartoni animati che vengono interpretate dalla D’avena in certi (non tutti ma Batman in primis) casi.
E di puntata in puntata, quel pomeriggio troppo assolato per cucinarsi al parco, con una scatola dei nostri fidi polaretti che scendevano refrigerandoci gola e cervello surriscaldato dall’incredibile accadimento, noi, lì assistevamo ad un credibile incredibile nelle sfumature dell’orrido.

Poi  dicono che uno si abitui a tutto, nella vita, ma nel dubbio del cosa fosse successo, del perché Netflix avesse dovuto rimettere mano ad una serie fatta e finita che, a quasi furor di popolo avesse un successo così planetario nei novanta, abbiamo deciso di far spallucce e continuare, a costo di non passare per maniaci compulsivo-nichilisti che non hanno che quello.
Poi su faccia libro i l’Instagrammm, la rivoluzione, all’improvviso. Non eravamo i soli a pensarla così. Cannonate, alla mia sinistra! Cannonate, alla mia destra! Tripudio! Omicidio, delirio di massa.

Il Re era morto? Lunga vita al Re? No, col cazzo. Nei giorni successivi il caso diventa ingestibile. I giornali nazionali finiscono per parlare della notizia.

Si cerca qualcuno da decapitare, come nell’Ancienne Regime (si scriverà così? No!)
A finire alla ghigliottina è Gualtiero Cannarsi, direttore del doppiaggio Italiano.
“Embè,” dice nanerottolo mangofilo-domestico-dodicenne “rifacciamolo noi, papà, che ci vuole a farlo meglio il doppiaggio?”.
Dagli torto, a nanetto. Poi, dopo il grosso della bufera, l’altro weekend, con delle persone a cena alienate di “roba da rincoglioniti” come noi, la scoperta; l’italiano fra i doppiaggi di Netflix sparisce, si sente solo in giapponese. Dopo la scoperta, Netflix rilascia sui social il comunicato (qui sopra); ammettono l’errore, l’orrore, si scusano, ci lavoreranno su.
La morale di tutto questo, per me: non sono mai stato un hater della rete, ed in questa ho sempre visto un fondamentale mezzo per la comunicazione e la condivisione. E non sarò l’ennesima voce ad accorarsi in cerca di un capro espiatorio. Il povero Cannarsi deve aver perso già qualche ora di sonno dietro al caso di chi, a questo punto, non ha di meglio da pubblicare sui giornali.

Quello di cui sono felice, è che, tanto per cambiare, Netflix abbia avuto ancora la risposta intelligente, che ha saputo ascoltare e su cui sia riuscita ad ironizzare nella giusta maniera a farci capire che tutti sbagliamo. Non credo ci sia da arrabbiarsi. Questo caso, se visto a sé, deve rappresentare semplicemente una lezione imparata sul saper tornare, alle volte, sui propri passi, qualora l’errore sia inconfutabilmente stato commesso da noi. Ed in questo la tv on demand da ancora una linea da seguire, ed un insegnamento a tutti noi, e non solo a livello etico, ma anche sul piano del potere che, la rete alle volte può darci per cambiare le cose.


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