Bandersnatch e il futuro che verrà (il meglio di netflix secondo te #8)



Ti eri ripromesso di parlare di questo “bandersnatch” quando, tre giorni fa, accendendo Netflix, lo hai visto alla sua prima presentazione dopo che i media a quasi 360 gradi ne parlavano lo stesso pomeriggio. Non avevi prestato attenzione particolare a telegiornali. Pensavi sarebbe stato un Natale troppo vuoto da riempire con dei passatempi per non ricordarti il dove sei ora e dove stai andando, ma se fosse stato così probabilmente avresti scritto di questa nuova puntata di Black mirror praticamente subito dopo averla vista, quella sera li. Ed invede eccoti qui, alle 4 del mattino. svegliato da tuo figlio che ha fatto sogni brutti.
Mi si permetta di partire dall'inizio. Mi si permetta di partire da quel 1987 dove questa monumentale puntata è iniziata, dando per scontato del cosa sia Netflix e blah blah blah...
Perchè il contesto scelto è il primo spunto (affatto casuale) da cui sceneggiatori, editori e compagnia bella hanno deciso che tutto doveva partire.

Perchè, giocando una partita per me troppo facile in casa, quel 1987 era l'anno dei libri game, quei libri a scelta multipla con finali diversi che ti tenevano sveglio la notte sotto le coperte con la torcia.
Quel 1987 era (ma qui non se ne parla più di tanto, almeno non direttamente) delle sale giochi che puzzavano di stantio in cui si fumava e si bestemmiava sopra al biliardo e in parte ai cabinati.

Quel 1987, ancora una volta, Era quello di quella Cindy che voleva divertirsi in quanto ragazza (e dagli torto), mentre tu decenne giocavi a “Ghosts and goblins”, ignorando le ragazze che volevano divertirsi. Perchè oh, per certe cose (e ti ci vergogni un po'ad ammetterlo, ma in fondo e visti i periodi è così) se non sei da uno psicologo imbottito di psicofarmaci forse è perchè a “ghost and Goblins” ci giochi ancora oggi, ed allora si, forse l'avere un super nes a casa ha il suo perché, o forse dallo psicologo ci finisci domani per alienazione dai videogiochi, chissà!)



E scusatemi se mi ripeto, ma quel 1987 era quello in cui, oggi, fra musica, film al cinema, suoni a 8 bit, cartoni animati tutto sembra avere un valore rispetto al mondo di oggi dove tutto scorre via sempre più veloce, alle volte facendoci pregare chissà che entità superiore che il mondo si fermi e che per ognuno di noi ci sia la possibilità di scendere per un attimo, magari ripensando a quei giorni li.

Certo, fin qui tutto bene mi verrebbe da dire. Chi dietro a Netflix Ha voluto raccontarci questo “Bandersnatch” aveva già giocato la carta nostalgia molto tempo fa con “Stranger things”, un vaso di pandora generazionale che non poteva che fare da apripista per nuove storie e nuovi filoni narrativi a cui molti di noi sono mostruosamente legati (e incatenati, e imbavagliati con una pistola puntata alla tempia).

Ma anche questa volta non c'è storia che tenga. Perchè al di la di una storia che comunque a parer tuo ha retto dall'inizio alla fine, laddove non si poteva fare meglio di quel pot-pourri di immagini, icone e ricordi che di lasciano affacciati a quella finestra temporale fatta di citazioni (anche alla serie stessa,) icone di quel tempo che ti fanno salire sulla schiena una rumorosissima banda di scimmie chiassosissime (che non vuoi proprio sentire smettere, ed anzi, ti monti da solo sulle spalle sbattendo piatti insieme alla suddetta banda di primati), alla fine finisce che, dove i limiti di ricordi che ognuno di noi si vede riemergere, Questi anni ottanta assumono un ulteriore concetto, oltre al mero fattore estetico/audio/visivo.

Perchè se la colonna portante di questa puntata è il videogioco e la storia di una software house, è doveroso che per far calare nella parte lo spettatore sia giusto fargli fare quel passetto in più che gli serve a far ragionare come uno dentro al film. Ed ecco allora i bivi. Quei punti in cui viene sfondata la parete della finzione in nome di una finzione più grande. Quella di dare la sensazione di controllo a chi guarda. Saremo noi spettatori quindi a poter far scegliere con il telecomando gli attori, che seguiranno i nostri comandi, facendo evolvere la storia in maniere sempre diverse.
Questo per me non solo rappresenta un'evoluzione nella maniera di intrattenere l'umanità. Certo, i pareri sono discordanti nella rete mentre scrivo, e so che chi non riesce a digerire una timeline che possa svilupparsi forse non è pronta a questo tipo di possibilità. Ma hey, quanti erano pronti alla tv quando si è passati dalla radio allo schermo? E quanti sono pronti ad Amazon, oggi, in Italia? E a google Home?
Nel dubbio di aver ferito l'orgoglio di qualcuno, dico solo una cosa. Questo tipo di passi risultano fondamentali nell'intrattenimento, E trovo geniale questo tipo di contaminazioni. Con questo “Bandersnatch” gioco e televisione si fondono in nome di una clientela evoluta e raffinata, secondo me. O forse si tratta di semplici disperati che hanno un più spiccato senso dell'avventura. Ado ogni modo credo che il tentativo sia riuscito bene, e vada apprezzato.



Voto: 4,5/5

Quando  una serie che basa i suoi concetti fondamentali su distopia e implicazioni negative di tecnologia e perdita di umanità questo viene fuori. Un cazzo di incubo nel quale puoi muoverti fino a lì, al bordo, e quando ci arrivi durante la tua fuga precipitosa non cadi giù, perché la parete invisibile della finzione in cui ti hanno sbattuto ti trattiene fino a che non impazzisci. E sarà questo il viaggio di fronte al quale verremo condotti. Questa è la consapevolezza dietro ai grandissimi finali multipli. Perchè non è detto che una storia abbia una fine se c'è una realtà parallela (o forse si, chissà?). O forse si tratta semplicemente che il mondo in cui si vive ci risulta troppo stretto, perché a quel punto non si tratta più di un videogioco trasportato in una fiction, ma della vita reale.




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