The Commitments






Vivere da musicista in Italia non è una cosa facile (e capiamoci fin da subito:per musicisti intendi gente che si è fatta nell'underground dei puri e duri, non dei michiette che se ne vengono fuori oggi dai talent show o che crescono su youtube come i funghi). Tu ci hai creduto in età adolescenziale quando pensavi che le tue idee potessero fare la differenza. Ed intendiamoci ancora, credi ancora che le tue idee possano fare la differenza. Ma negli anni ti sei dovuto piegare senza mai spezzarti fino ad arrivare all’unica conclusione logica che il tuo ruolo da padre di famiglia potesse portarti: la musica, per quanto meravigliosa e per quanto ti piaccia quella che scrivi non sempre ti porta dove avresti voluto.

Mettere insieme tre o quattro sbandati come te, accordarvi sulle prove, far coincidere scelte stilistiche e arrangiamenti è già di per se un lavoro che alle volte ti fa chiedere se ne valga veramente la pena.

Poi, dopo qualche tempo, ed alle volte se sei stato bravo, chiaro e tenendo una direzione che sia sempre quella (pensando per quanto possa esserti difficile con quel briciolo di saggezza che ti hanno portato gli anni on the road) ti prendi qualche sana soddisfazione.

La vive vagamente così questo Jimmy Rabbitte, improvvisato pirata di cassette audio di Dublino che si reinventa dall’oggi al domani manager di una band musicale che, dopo qualche vicissitudine e tentativo, chiamerà "the Commitments".

Eccolo quindi li, a girare per la sua città in cerca dei vari componenti della band, trovandoli quasi per caso a feste, luoghi dalla dubbia moralità e raccattando il talento nelle strade di una Dublino pessimista, spietata ed ingrigita dalla fame e dalla contestazione operaia mossa dai padri dei nostri protagonisti, che nella disperazione quotidiana cercano di trovare in questo loro slancio una possibilità di riscatto.

Il film fotografa in maniera molto “on the road” e low fi la società in cui queste persone cercano di aggregarsi e di trovare un po’ di calore umano nonostante tutto. Ti è parecchio tornato in mente il contesto del bellissimo “Billy Elliot”, che si ricongiunge in molti punti con questo film qua, e che dopo questa veloce menzione sai si meriterà un posto di rispetto fra le pagine di questo blog….
Ma per far rientrare prima questo “The Commitments” nel listone personale della tua vita il perché è semplice: Lo senti più tuo.

Perché ci sei passato. Hai perso nottate dietro a quel “suona bene, ma non saprei” stappando l’ennesima birra; sei passato attraverso tutti quei “ok, suoniamo nel tuo pub sta sera ma almeno rimborsaci la benza” o attraverso tutti quei “Figlio di puttana a chi?” iniziando risse furibonde.

Ne hai viste di cose, e lasciato amicizie di anni grazie e per colpa della musica. Ed ognuno che una volta in vita sua abbia tenuto in mano uno strumento in cuor suo questo lo sa. Storie di storie di storie, che per te continuano, tanto continui a crederci.

E “The Commitments” è questo: una storia, a tratti comica ed a tratti disperata, che aiuta la creatività umana a protrarsi nella commedia della vita. Senza se, senza ma e nonostante tutto.
Il rischio è di non vivere per paura di provarci, di non crederci, o aver paura di restarci troppo scottati dal chiedersi se ne fosse valsa veramente la pena, senza magari provarci affatto. Ma non è questa la vita infondo?

Voto: 5/5


Una bellissima Polaroid attaccata ad un muro sporco da anni ma che mai sbiadisce, a ricordarci come in fondo chi ha masticato (e mastica) la vita con il suo strumento sia vissuto più degli altri, tentando di tenere in piedi un palco perennemente in bilico ogni giorno, e continuando a credere nelle grandi idee che vengono dal basso. Dalla strada. Dall’underground. In alto le birre!



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