Babbo Bastardo (lettere ad un caro amico)




E rieccoci qua Caro Stefano.
Ancora una volta a parlare di film che mi consigli e che finisco per guardare puntualmente in ritardo e fuori tempo massimo.

Serviva che tu mi portassi direttamente il film a casa venendomi a trovare quel venerdì per vedere questo babbo bastardo? Evidentemente si.

Poi non si è parlato più delle cose importanti. Ma lo facciamo. Giuri. E poi sai cosa? Avevo bisogno di parlare di cazzate quel giorno. Ma questo tu lo sapevi. Perché mi conosci fin troppo bene. E forse per certe cose mi conosci meglio di me 😊

Ad ogni modo, e lo sai, se quella sera li è andata così era destino che andasse così. Bere, ubriacarsi, ridere come due ebeti. Come ci riesce meglio. Da anni. La cura definitiva.

E guardare questo “Babbo Bastardo” è stata la cornice perfetta in cui, in questo frangente, la tela delle nostre vite non poteva poteva che incastrarsi così bene.

Non che io avessi mai visto questo film di buon occhio, te lo dico. Sembrava l’ennesima commedia a tema natalizio figlia di quegli anni 2000 in cui il massimo della comicità su schermo era di gente che intratteneva amplessi sessuali con torte di mele calde.

Ho sempre visto di cattivo occhio quegli anni per le commedie, con le dovute eccezioni. Troppo ciarpame, troppi anni 90 alle spalle con la reminiscenza degli anni 80, In cui gli attori erano professionisti del cabaret e scrivevano i loro film di loro pugno  al bar su una salvietta.

La comicità spinta a se stessa poi ha preso dei filoni particolari arrivando al nonsense assoluto, ed anche in quel caso salvati cielo.

Trovare le perle fra le ostriche vuote (a tuo avviso parli degli “zoolander”, de “la leggenda di ricky bobby” e della scuola Ferrel tutta più i grandi classiconi anni 80) è davvero una enorme perdita di tempo.

E questo mi porta a te Stefano. A te che sai. E conseguentemente mi porta a a questi onestissimi 81 minuti in cui la comicità è portata da un’esasperazione decadente che non può che far ridere. Il dramma esistenziale di questo Billy Bob Thorton, il nostro Babbo Natale da centro commerciale, il suo tragico e disgraziato passato, la sua vita che non gli è mai piaciuta ci portano a guardare questo film con il sarcasmo di chi si ferma ai semafori quando c’è un incidente. Ma sia chiaro, qui tutto è lecito, perché si tratta di fiction.

Ma una fiction sa essere così verosimile anche quando possibilista ma portata ad un’esasperata e forzata miseria e/o disperazione? Certo che si. Perché Nella tragedia di tutti i giorni fa ridere. O almeno ha fatto ridere me e te Stefano, il che è già abbastanza da decretare che il volgo medio si piscia sotto e resta senza fiato, ed alla fine con le mutande zuppe di piscio (!)

E fra battute sessualmente esplicite e non, un linguaggio adulto usato fuori luogo davanti ai bambini, assistiamo alla smitizzazione di una figura a cavallo fra fantasia e finzione che, alla fine, ci restituisce uno specchio formato vita di fronte al quale, ognuno di noi, oltre a comicità borderline e quant’altro si può sepcchiare per capire dove sta sbagliando..


Perchè alla fine, verso i titoli di coda, si ripensa a quanto visto, e con l’amaro in bocca di un mondo appena visto che è più reale di quanto si possa pensare, intanto sulle disgrazie altrui si è riso per una buona parte di tempo.

Voto: 4/5

Il Billy riesce a sdoganare la risata disillusa, cinica e fragorosa di chi vive un dramma alcolico che ha della disgrazia e della sfiga continua, resituendo un film onesto per chi si è stufato di “american pie” o per chi, come te, non se li è mai fatti bastare.

p.s. nn trovi il trailer. ma questo dovrebbe fare al caso nostro



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