Implants - Form Chaos to order (lacolonnasonoradellatuavita#8)






UFFFF, E 8! nn scrivevi di musica da ventordicimila anni....



...mentre scrivi queste righe in cuffia non hai questo disco. Hai quello dopo di questo, Che oh, è una bomba atomica.



Va tuttavia detto che:

-Benchè tu mastichi discretamente (lo dicono gli altri, mica te. Mmmah, sarà) l'inglese non capisci tutti i testi, dell'ultimo album, e come povero deboscia quale sei costretto a cercarti in rete i passaggi che non capisci. E scrivendo una recensione devi capire di cosa questo gruppo. purtroppamente non ci sono.

-Hai tenuto d’occhio questi Implants per molto tempo, prima di pronunciarti. Anni fa Hai conosciuto di persona Rob Ramos, che, come chi sa la base della base di tutto ciò che è punk, hard core e derivati, ha militato per lungo corso Negli Strung out, fornendo professionalità e creatività come solo lui sa fare.

Al momento in cui scrivi non conosci i ruoli della band in termini logistici (chi cura il songwriting, chi i testi, chi gli arrangiamenti), ma sicuramente senti un fortissima componente ed esperienza che ricorda, appunto, gli Strung out, restituendo un risultato nelle basi si appartenente al genere, ma con una marcata personalità ed un songwriting molto massicci e ben fatti.

Il borderline richiesto nel non passare la mielense zona che separa sempre meno il punk-hard-core dal pop-punk (dove per capirci, i Gorilla biscuits stanno al primo ed gli yellowcard al secondo) non è stato ancora marcato, il che mantiene questa band in quel limbo dai toni smorti ma non troppo, fornendo un nostalgico ritratto del mondo in cui queste persone vivono.

Loro sono li nel mezzo, figli dei loro anni 90 (ancora una volta, guarda il caso) vivendo con la disillusione e lo scetticismo di chi è convinto che gli ottimisti siano persone semplicemente male informate.

In questo limbo, però, questo genere ci insegna che questa musica aiuta a capire. Perché in quel crogiolarsi nei ricordi sicuri del passato non sempre si trova la soluzione. E quindi i testi sono (salvo eccezioni ben specifiche) un pot pourri di ricordi, di quel nostalgico realizzare di cosa è cambiato positivamente (poco) e di cosa si è perso, ma con una visione ad un futuro in cui, dopo tutto, tutto è ancora possibile.

Sono testi maturi ma semplici, quelli di questi Implants. Ed in quanto tali arrivano diretti allo stomaco come se si prendesse un’autostrada in contromano, arrivando ad essere momento di riflessione anche per chi ascolta.


E non c’è una completa disillusione in tutto quello che viene detto in questo disco. Perché gli anni della decadenza sono finiti quando hai 40 anni. O ti fai una ragione delle cose o finisce. Ed il messaggio alla fine non si ferma alla scuola autodistruttiva del punk della prima ora.

Il momento di disillusione diventa la base per il dopo, perché la vita continua, fra muri da abbattere e metri preziosi da conquistare. E’ questo che, ancora una volta, ti fa amare questo genere. Realista e non pessimista. L’amore, non è, purtroppo l’unica chiave di lettura della vita. Ci sono sentimenti e sensazioni che alle volte non vorremo provare, ma anche quello fa parte di noi. E questo disco fotografa in maniera nitida e perfettamente a fuoco questa condizione umana, portandoci poi all’unica conclusione a cui la commedia umana ci porta ogni giorno. Ci sono onde basse ed onde più alte; sta a noi aspettare quella giusta, semplicemente essendoci quando questa arriva, pronti a cavalcarla.
Perché, nel bene o nel male, la vita continua.

Voto 4/5

Fermi tutti. non c'è il massimo dei voti per due motivi. Il primo è il paragone che ti salta all'occhio con gli Strung Out, che sono ormai a dei punti irraggiungibili dall'umanità tutta. Ed il secondo perchè "The GOlden Age" , il secondo disco su cui tornerai rappresenta una grande evoluzione.
Ma questo album è benfatto gente. Giuri. Serio.

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