Gran Torino



E quindi, dopo il Plumcake di 12 metri (e del peso approssimativo di 200 chili) da carie all'intestino dei ringraziamenti per gli auguri rieccoci qua.

Volete DAVVERO sapere la mia opinione? Se avete cliccato su quel box nei socialcosi (volontariamente), o che siate approdati qui dai meandri della rete che indicizzano questo blog qua e là, evidentemente si.



E la mia opinione è che guardare i film di Eastwood, in generale, è una botta bella forte. E come c’era da aspettarsi quando questo film uscì, anche queste due ore scarse non fanno eccezione; Ma ha veramente senso parlare oggi di un film del 2008? Direi decisamente di si, se non altro per qualche buon motivo che mi viene in mente andando a braccio:

- lo si trova con facilità su Netflix, ora (motivo per cui lo ho riguardato), e già per questo va visto, se qualcuno fosse stato al polo nord negli ultimi 10 anni, o si fosse perso in un deserto (leggesi, ma dove eravate ladies and gente?)

- In molti (rafforzativo del punto uno) lo annoverano nelle cose da fare (e che non anno ancora fatto) perché non hanno avuto tempo; ora, io capisco che l’offerta televisiva (specialmente quella on demand) sia già variegata di suo. Ma per voi arriverà mai quel momento? Perché a fronte di tutte le cose belle che piattaforme di streaming, streaming pirata e i sempre più rari esemplari di supporti fisici presenti sul mercato, QUESTO E’ VERAMENTE UN GRAN FILM.

- Ultimo, ma non per ordine di importanza, come tutti i suoi film che lui gira, questo è unico.

E mi si permetta di dire che, fra tutte le storie da lui raccontate attraverso la cinepresa, questa è una delle sue più belle, però con un però.

Come premettevo, guardare uno dei film del Clint non è per tutti; al di là, ben oltre il suo retaggio (che incide non poco) di attore dei bei tempi  in cui lui prendeva a revolverate i cattivi nelle strade si San Francisco vestendo i panni dell’ispettore Callaghan, oggi quella stessa violenza da strada si ripropone più forte che mai, stravolgendo i dettami della sua tanto amata vecchia scuola in cui i poliziotti buoni ma devastati dalla cattiveria umana alla fine fanno giustizia ed il mondo è salvo e BUM-BUM-BUM-PRIMA-SPARO-E-POI-FACCIO-DOMANDE

Perché qui non ci sono i buoni. E questo Gran Torino è, ancora una volta, una storia di strada.
Quella stessa strada che il regista ha calcato per una vita con i suoi mocassini da quattro soldi, dispensando giustizia e bossoli di 44 a punta cava. Ma quello di oggi è un mondo diverso. La figura supereroistica dei difensori valorosi “to protect and to serve” ora non c’è più.

Come in quell’ ”american sniper” (sempre suo) in questo mondo ci sono lupi, pecore e cani da pastore. Metafora forse riduttiva per questo film, visto che i cani da pastore qui si vedono poco, e spesso le pecore devono badare a sé stesse. La paura del diverso, della minaccia di chi scappa dal proprio paese per trovare asilo negli IUESSEI, fino a sforare nel razzismo più estremo ed osceno, in questo film costituiscono un filo conduttore forse troppo scomodo ai più e sempre, sempre ed ancora sempre sul punto di spezzarsi.

Lo vivrà sulla sua pelle Walt Kowalski,  (interpretato dal Clint) reduce del Vietnam ormai vecchio, vedovo, incazzato e stanco, in un quartiere che ormai non è più degli emmerigani, e dove tutto è diventato così grottescamente orribile da sembrare incredibile ed abberrante.

Ed invece è tutto tristemente vero, e come non mai.

E Walt, che dopo una vita passata a “proteggere” il suo paese si trova in una neo terra straniera, dove gli stupri e assassinii accadono lì, proprio di fronte a casa sua, ed ora è forse troppo vecchio per reagire a delle ingiustizie per mano di chi si è trovato a combattere.


E solo quando la resa dei conti lo porterà a decidere se vivere ancora combattendo o soccombere nell’indifferenza generale, assisteremo a quella voglia di non mollare mai, che porterà il protagonista a scoperte su sé stesso ben oltre quello che il suo basilare spirito di sopravvivenza gli impone di vedere.

Voto: 5/5

L’ennesimo grande film di Eastwood. Ripeto, non facile, non per tutti, ma come sempre un forte messaggio ad aprire i nostri occhi nonostante sia, alle volte, troppo complicato farlo.





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