In caso di zombie #1
Ben arrivati a questa nuova rubrica nonchè brevissimo breviario su come sopravvivere
all'apocalisse Zombie.
Partiamo da un presupposto fondamentale. Gli zombi, quelli pensati
da Romero nel 1978 all'uscita del suo primo "dawn of the dead", erano
creature che, ridotte ai loro minimi termini della putrefazione dei loro
tessuti corporei, avevano la mobilità di un bambino di qualche mese che ha
appena imparato a camminare: Il fattore horrorifico non dovrebbe stare nel
quanto veloce questi possano deambulare, ma il panico scatenato da un’ondata di
non morti (o vaganti, o tarantolati, o clicker, tutti termini con cui questa
categoria di mostri sarebbe stata poi ridefinita negli anni) è dovuto al fatto
che, per quanto i vivi possano essere scaltri, agili o veloci, loro saranno
sempre troppi.
Non è sembrata pensarla così Ruben Fleischer, che con questo
“Welcome to zombieland” (ma in realtà non è il primo caso in questione) ha
fatto correre gli zombies come dei centometristi dopati. Poveri noi, comuni
mortali; Se già 41 anni fa (anno dell’uscita del primo film di Romero, appunto) l’umanità non era pronta agli infetti troppi-ma-lenti, oggi chi popola la terra
è maggiormente in serio pericolo.
Oltre a questa non indifferente “licenza poetica”, il nuovo
algoritmo Fleisheriano prevede che, a sopravvivere, non saranno i più forti, o
i più armati, ma i più intelligenti.
Benvenuti quindi nel mondo strampalato di Columbus, giovane nerd
(Jessee Eisemberg) che, per sopravvivere a Zombieland si dà delle regole ferree
ed empiriche sul come affrontare questi nemici dell’umanità.
Scopo di questo nerd sociopatico, pieno di intolleranze
alimentari, manie compulsive sulla pulizia e perennemente isolato dal mondo
sarà andare a vedere se i suoi genitori (residenti a Columbus, Ohio, da cui lui
prende il suo nome fittizio), vestendo l'improbabile ruolo di salvatore delle
uniche due persone di cui forse gli importa ancora qualcosa.
Ma veniamo alla parte cazzona della recensione. Nella sua
incredulità contestuale questo film risulta, già nel suo genere, NON credibile.
Il fatto che, mano a mano che la trama si svolge, le regole del nostro well
loved appaiano di tanto in tanto a caratteri CUBBBITALI © sullo
schermo, risultano essere un importante monito a ricordarci che:
regola #1: è importante mantenere la forma fisica in caso sia
necessaria la fuga precipitosa
regola #2: in caso di dubbio mai lesinare sui proiettili. meglio
un secondo colpo per essere sicuri
...
e così via in un listone di altre regole NUMERATE che Columbus ci ricorda con
la sua voce fuori campo, non devono mai essere ignorate per sopravvivere.
Questa sua bizzarra lista, oltre a fornire un inverosimile
breviario sul come comportarsi in caso di non morti, porta per mano lo
spettatore attraverso una nuova dimensione del genere cinematografico; In
questo mondo uccidere i non morti diventa una spassosa disciplina sportiva, che
pur facendo ancora sobbalzare sulla sedia, si propone come una via di mezzo fra
la gitona fuori porta domenicale a caccia di queste creature mostruose, un
videoclip musicale anni novanta ed un imperdibile stronzata, il tutto
contornato da un sarcasmo di fondo che comunque dà stile al contesto ed ogni
tanto fa fare una sarcastica risata di gusto a chi guarda.
Voto: 4/5
Non un “walking dead”, non un “dawn of the dead”, ma decisamente
un fuori classe nel suo genere, che poi, nel tempo, ha battuto la strada per
altri film analoghi che, tutta via, non sono riusciti a superarlo.
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