Batman - Veleno




Iniziamo nella più tradizionale delle maniere, tanto per cambiare. Era una notte buia e tempestosa, in quel di Belluno. E non spiegherò chi è Batman, come non spiegherei chi è spiderman, se dovessi parlare dell’uomo rogna. Lo considero il mio personalissimo e presuntuosissimo test di entrata per chi legge questo blog.


Ma forte del fatto che fuori pioveva a dirotto, e di quel bisogno di sopravvivenza per non annegare nella polvere del mio appartamento, rispolverando distrattamente qua e la, (cioè togliere la polvere da dove si vede di più, facendo "sembrare" che sia tutto apposto e che casa mia non sembri il trasandato laboratorio dove sciolgo i cadaveri dei mie nemici giurati in questi mesi nel mio vero lavoro) il mio occhio ricade su questo fumetto, che rileggo dopo tipo vent’anni o più dalla sua prima edizione. Quella che tengo fra le mani quella sera. Sono ricco. Ho tante prime edizioni. Ma faccio fatica ad arrivare a fine mese perchè non le venderò mai. Potrei morire annegato nelle prime edizioni. (e nella polvere)

A-I-U-T-O.

Non ricordo l’intensità con cui lessi questo “Veleno”, all’epoca. Ma la serata piovosa era perfetta. Ed in barba ai tempi di consegna dei clienti, sai che c’è? Ma vaffanculo. Perché questo fumetto e lo bevi in quaranta minuti se è tanto. lavorerò poi, sul tardi.
Sicuramente, lo stesso primo pensiero, come la prima volta che me ne uscivo dal negozio ed ho letto per strada queste pagine, è stato che, ancora una volta, il nostro Batman, è destinato ad un destino infame.

Anti eroe per antonomasia, auto investitosi a ruolo di protettore della sua Gotham City per l’assassinio crudele dei suoi genitori sotto ai propri occhi di bambino, il nostro well-loved-ma-non-troppo si trova, questa volta, faccia a faccia con una nuova grande prova. Un mondo più reale di quello in cui, la visione supereroistica dello stesso non vede mai questa gente in calzamaglia invecchiare. 

Perché ormai diciamolo: gli anni cinquanta e sessanta sono passati da un pezzo, e loro, quelli che volano, che sparano raggi  dalle mani o sono immortali, alla fine, sono esseri viventi come noi. E salvo qualche raro caso, destinato all’immortalità, ogni essere superiore, al di là del proprio invecchiamento (fattore non trascurabile), per quanto in forma o meno che sia, ha deciso di caricarsi sulle spalle il destino di un mondo (reale o fittizio che sia) che, inevitabilmente, alle volte è troppo anche per lui (e peggiora sempre di più, che si sia d'accordo o meno, almeno nei fumetti). Nemmeno TUTTI i supereroi insieme, tutti quelli conosciuti, se si unissero in una super forza potrebbero far fronte alla cattiveria umana.

Noi, comune e timorato gregge che calca il mondo ogni giorno siamo troppi, e quell’esiguo gruppo di cani da pastore che veglia su di noi sarà sempre troppo poco per gli svariati branchi di lupi che aspettano di avvinghiarsi su di noi. E quando Batman correrà da una parte per salvare qualcuno, ancora una volta la coperta sarà troppo piccola per non far prendere freddo ai piedi di qualcun'altro.

Cristo. La coperta. Per quanto uno la tiri non basta proprio mai. Ed è in questa consapevolezza, che il pipistrello dovrà confrontarsi con se stesso. Il non riuscire a salvarli tutti, nemmeno quella ragazzina, la cui morte gli farà rivivere l’incubo della sua infanzia, trovandosi faccia a faccia con il fatto che, di fronte al suo declino psicologico, lui si vedrà vecchio, stanco, senza speranze, indebolito ed alla fine sopraffatto dalla malvagità umana.

Ma siamo seri! Lui è Batman! Ed a parte lui ed il suo fido Alfred nessuno le vede le cicatrici sotto al costume. Il che equivale a dire che lui è immortale, ed il suo delirio di onnipotenza non può fargli accettare che il mondo lo veda che così: l'eroe, il simbolo che non può morire. Perché oltre a non voler far mancare nulla a chi punta gli occhi verso l’alto quando è in pericolo, ancora una volta il miliardario Bruce Wayne non può essere altro che l’uomo pipistrello. È un difficile e complicato legame fra due entità che porta Wayne a sentirsi meglio di quel filantropo miliardario e snob che tutti vedono,impersonando il suo alter ego. E questo fumetto esalta ancora di più questo nervo dolorosamente scoperto. Lui si traveste perché nessuno veda quelle devianze dettate da quel suo bisogno di uccidere fisicamente il male. Questo “veleno” è , in tutto e per tutto, l’equilibrio instabile fra il super-anti-eroe di facciata che veglia su Gotham e quel bisogno sadico di vendicarsi del protagonista.

È l’ennesima incrinatura in quel sogno americano in cui la giustizia vince sempre. È la paura di dover convivere contro il nostro lato più oscuro, quello che vogliamo nascondere ma che ogni tanto viene fuori in ognuno di noi.

Ed in queste pagine, l’epilogo del protagonista inizierà molto presto, perché quando per far fronte al suo declino fisico la soluzione sarà un’improvvisa tossicodipendenza, il quadrò cadrà dalla parete del tutto, lasciando sul muro una cornice vuota e logora. Non ci sarà più quel baluardo di giustizia che Gotham chiedeva a gran voce, solo un vigilante in preda ai suoi incubi ed ai suoi deliri a cavallo fra onnipotenza ed allucinazione.

Voto: 5/5

Bene. Hai parlato fin troppo, come sempre. Ma se c’è qualcos’altro da dire, se proprio devi dirlo, è la tua speranza che, se qualcuno incespicasse con le dita sulla tastiera, arrivando, chissà perché, a questa recensione, la montagna sia andata un po'da Maometto. Perchè questo “veleno” fa parte di una schiera di racconti scritti ed illustrati da gente (Dennis O'Neil lo ha scritto e Jose Luis Garcia-Lopez lo ha disegnato) che, crescendo, non ha potuto far riposare il mondo dei super eroi sui propri allori, dando al tutto un incredibilmente credibile senso ad una storia che andrebbe letta, capita, ed alla fine compresa in tutti i suoi messaggi.



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