Tony Hawk: professione skater
Ho sempre pensato che gli anni ottanta fossero stati stati l'apice dello skate mondiale negli Stati Uniti. Del resto basterebbe pensarci per un secondo. Mi sono sempre sbagliato, ed è presto spiegato: alla fine degli anni sessanta, infatti, i primi pionieri di questa passione (NO, mi rifiuto di chiamarlo sport, perché non è uno sport) causa delle scarse mareggiate, lasciavano le tavole da surf per provare le rotelle.
Il fatto che in vent’anni, come si legge in questo libro (che si, in quanto uomo di tavola mi ha preso in maniera orrenda) lo skate sia stato sottodimensionato, ghettizzato ed emarginato, oltre ad esulare dalla sua idilliaca crescita di questa moda negli anni ottanta, si spiega facile. E dopo queste quattrocentotrenta pagine in fondo, non ne sono nemmeno stupito.
Appunto perché questo non è uno sport, nè, spero, lo sarà mai, è stato visto dalla società perbenista emmerigana come una macchia, una devianza giovanile da isolare, punire e condannare. Va bene. No, sul serio. Non c’è nulla di nuovo sul perché io abbia scelto, come sempre, la via meno battuta.
Ma qui stiamo parlando di Tony. Tutte le fughe dalla polizia, lo stress della sua competitività che lo ha portato a crescere in una passione che gli portava un costante disagio interiore non fa che spiegare la leggenda nella leggenda che questo uomo oggi è diventato.
Questa è la storia di uno dei più grandi esponenti dello skate mondiale, uno il cui nome è diventato sinonimo della parola skate. Lui sta allo skate come i videogiochi stanno alla parola “Playstation”. No Xbox, non nintendo wii o switch. Solo playstation.
E nel mondo di Tony (e lo dico con una discreta cognizione di causa) di fuoriclasse, specialmente quando lui ha iniziato, ce ne erano.
Innumerevoli i problemi che quegli anni ottanta avrebbero portato allo skater. Partire da lì ed attraversare tutta la storia dello skate non sarebbe stato solo difficoltoso. Sarebbe stato un peso da caricarsi come l’ultimo arrivato, il mingherlino, la recluta, che grazie ad un destino difficile ma alla fine giusto, gli avrebbe fatto incontrare le persone giuste per emergere.
Il suo rapporto con Stacey Peralta, uno dei più grandi produttori di tavole di sempre (e il primo fra gli skater mondiali), avrebbe consacrato una fede incrollabile di cui Tony avrebbe acquisito consapevolezza solo nel tempo successivo alla consacrazione di quello che nasceva come sponsor e finiva come uno dei suoi amici migliori.
Prima di tutto questo però, (ed è quello che trovo veramente evocativo in questo libro) prima di diventare un adolescente foderato di soldi, T. ha sempre creduto nello skateboard.
Perché quello secondo me è il messaggio che dovrebbe passare: Prima di tutti quei termini tecnici, che sono un effettivo malus per chi di skate non ci mastica una cippa, quello che dovrebbe ispirare in queste pagine dovrebbe essere il senso di ostinazione, il non darsi mai per vinti. E in questo concetto che mi piace vagare con la mente ed andare oltre. Prima di essere un grande skater, Hawk ha saputo guardare oltre a chi gli diceva che lui non era adatto, a chi lo criticava di avere un padre coinvolto alla National Skateboard Association che, si diceva, lo favorisse, ma prima di ogni altra cosa, Hawk ha saputo superare i propri limiti, credendo in una passione che assieme ad altri coraggiosi ha saputo trasformare in una filosofia di vita dapprima e nella sua vita vera e propria poi.
Perché quello secondo me è il messaggio che dovrebbe passare: Prima di tutti quei termini tecnici, che sono un effettivo malus per chi di skate non ci mastica una cippa, quello che dovrebbe ispirare in queste pagine dovrebbe essere il senso di ostinazione, il non darsi mai per vinti. E in questo concetto che mi piace vagare con la mente ed andare oltre. Prima di essere un grande skater, Hawk ha saputo guardare oltre a chi gli diceva che lui non era adatto, a chi lo criticava di avere un padre coinvolto alla National Skateboard Association che, si diceva, lo favorisse, ma prima di ogni altra cosa, Hawk ha saputo superare i propri limiti, credendo in una passione che assieme ad altri coraggiosi ha saputo trasformare in una filosofia di vita dapprima e nella sua vita vera e propria poi.
Alla fine tutto è servito, dall’essere isolato a scuola a saper smettere quando i suoi limiti gli impedivano di sopportare la pressione, sapendo poi rialzarsi e ricominciare, puntando a diventare l'unica cosa che poteva essere. LO SKATER.
E, ripetiamolo per la millemillesima volta, per gli ultimi abbonati a queste pagine; in questo si racchiude lo skate. Rialzarsi, sempre. Quasi mi ci commuovo a pensarci, e per l’ennesima volta penso a tutto quello che mi sarei perso se non ci avessi mai provato a salire, su quella tavola.
Voto: 3,5/5
Fossero tutti come me, questo libro di meriterebbe un 6 su 5. Il problema è che Salani Editore ha puntato con coraggio su questo testo, ben scritto e sufficientemente romanzato, che fin dall’origine integra termini tecnici (i nomi dei tricks su tutti) che distolgono l’attenzione del mainstream dei lettori, rendendo difficile la comprensione. Per molti ma non per tutti. Ma per capire cosa è quel 900 c'è sempre youtube, cari normali, se volete addentrarvi in uno dei più grandi momenti dell'umanità. Il rischio è che possa piacervi almeno la metà di quanto è piaciuto a me :)
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