Umbrella Academy



Se tre scimmie sotto LSD si trovassero a parlare di marketing televisivo in questi giorni, L’ovvio trend di cosa proporre al volgo dell’LCD sarebbe ovvio. Super eroi, calcio, Maria De Filippi. Ma dietro a questa premessa che sembra a cavallo fra una barzelletta e una triste constatazione su ciò che piace alla gente oggi e che (in alcuni casi) va ancora per la maggiore, ahimè, c’è una triste realtà. Sembrano pensarla anche così sul pianeta Netflix, che forte di questa linea guida fondamentale ci propone questo “Umbrella academy”

E vi prego, cara pugna di valorosi che continua a fare presenza su queste pagine; non abbiate dubbio alcuno sul fatto che continuano a capitare su queste pagine. Non stiamo a discutere sulla reale validità della tv on demand oggi. Si tratterà pur sempre di un servizio a pagamento, ma vista la qualità dell’offerta (e le squallide alternative) i servizi reperibili online vincono. A mani basse. E netflix domina. punto e basta.

Ma torniamo sui binari tentando di capire perché, dal mio punto di vista, questa serie, tutto sommato, potrebbe funzionare. Tutti pronti? Via!

Partiamo dalle basi: cosa è un super eroe, secondo i canoni di oggi? Ormai il concetto stesso di “super”, più divento vecchio, integra di per sé, il convivere con una situazione drammatica e difficile. Il più delle volte “Super” include una situazione di isolamento e difficoltà interiore. L’aver appena letto il Romanzo del (forse) migliore skater di tutti i tempi, ad esempio, mi fa credere che il ragionamento funzioni anche nel nostro mondo. L’avere un dono che eleva sopra alla media è una grossa fregatura. Perché rende difficile l’essere capiti. E fa male.

E nel mondo dei super eroi di questo “Umbrella Academy”, questa premessa viene spiegata ampiamente. È forse questo, che mi porta a parlarne oggi. Perché non siamo di fronte al solito filone supereroistico. La struttura narrativa non parte dal presente per spiegare chi è questa gente solo successivamente. Qui si parte da una Russia fredda e gelida (che fornisce una cornice perfetta al tutto) in cui questi 43 bambini nascono da 43 madri diverse in 43 posti diversi. E ad aggiungere curiosità è che le madri si trovano tutte incinte dalla mattina alla sera.

La curiosa premessa, molto enigmatica, porta ad avere una percezione molto più darkeggiante rispetto ai multiversi di super eroi conosciuti (salvo qualche rara eccezione), ma la trama continua attraverso l’adozione di sei di questi bambini da un ricco potentato russo che li educa in maniera ferrea, arrivando addirittura a chiamarli con un numero anziché con un nome.

Quanto fin qui raccontato non fa altro che incupire una trama che, con un minimo di cognizione di causa, richiamerebbe ad alcune idee già viste in un passato remoto, ma andando “a braccio” spuntano tematiche sull’immacolata concezione, su un “Dio padre” umano che governa degli Dei (o degli angeli), che si ribelleranno a lui in età adolescenziale.

Si parla di famiglia allargata, tematica molto importante nella società di oggi, di individui dal retaggio e dalle etnie diverse, e quello che mi ha stupito è che questa ed altre tematiche sono talmente ben impacchettate che non si ha affatto la percezione che tutti gli elementi assemblatisembrino un guazzabuglia di cose messe a caso nel calderone per affrontare i trend sociali del momento: una trama molto contorta aprirà narrativamente la storia, spezzando il ritmo, come ci si aspetta fin dalle prime battute, fra elissi temporali e cambi improvvisi di scena. I personaggi saranno molto diversificati ed, in alcuni casi, portati a delle scelte stilistiche al di sopra delle righe, che comunque resteranno sempre nella cornice decadente che ospita questa serie.

Gli stilemmi classici dei super eroi qui verranno scardinati in virtù del fatto che, in questa Russia, non ci saranno Personaggi in calzamaglia ben pettinati a salvare la situazione.

Ed ecco ritornare impetuoso il tema della diversità; in questa storia, questi individui, prima di essere lodati per le loro gesta, sono persone con problemi variegati, con un destino comune che li porta a convivere con i loro eccessi che, alla fine, più che farli sentire migliori, gli fa ricordare di essere soli.

Voto: 5/5

C’è una cosa sicuramente positiva, in questa “Umbrella Academy”, ed è rappresentato da questa capacità di dare nuove sfumature ad un genere cinematografico che ormai punta a creare giostre sempre più grandi e rumorose per i novenni che vanno al cinema, invece di verticalizzare le storie attorno ai personaggi, rendendoli magari più umani, e dando nuova linfa ai film analoghi. Brava Netflix! (a mio figlio undicenne è piaciuto, comunque :/ )



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