You (il meglio di netflix secondo te #9)







Non ti capitava di restare così attaccato ad una serie dai tempi di quell’ ”Atypical” o dell' “American vandal”, che hai adorato alla follia nella consapevolezza che, fra una scena altamente introspettiva ed una di inconsapevole comicità, serie come queste ce ne sarebbero state poche da quando le avresti viste.

Basta mainstream, basta vie battute, sempre che non si consideri Netflix LA VIA BATTUTA. Questo automaticamente non implica che tutto, sotto al tetto di “mamma N on demand” sia allo stesso livello.



Siamo seri, del resto, ci sono cose che statisticamente piacciono di più e altre meno. È una casistica umana che segue ed accomuna i gusti, le preferenze e quel bisogno di essere soddisfatti, psicologicamente remunerati a fine puntata ed al tempo ansiosi di vedere come continua. E da questo il fatto che non tutto quello che si vede è per tutti.

Ed “You”, oltre a non essere per tutti, passa pure in sordina. Sarei curioso innanzi tutto di sapere quanti se lo sono guardato, tanto per iniziare. Forse mi scoprirei stupito, ma non credo di andarci lontano se dichiaro che, forse, al solo vedere il trailer la gente, mediamente, ci si tiene a distanza, perché al di là del folle eccesso cui questa serie si spinge puntata dopo puntata, ancora una volta dietro a quel “tu”, per chi più e per chi meno, si nasconde ognuno di noi.

Perché tu, che leggerai queste righe, se mai cascherai in questa pagina, sentirai questa storia vicina a te molto più di quello che tu possa pensare. E non importa sarai la vittima, il carnefice, o entrambi.

Perché questo “You” è una storia dei nostri giorni portata ad un’esasperazione che definiresti potenzialmente alla portata di ognuno di noi. È il totale distacco dalla realtà, la perdita del fattore umano in virtù di un nuovo modo di interessarsi a chi ci sta intorno, dettato dalle nuove regole di ingaggio del rapporto umano in sè, governato dal dio omnisciente che, dapprima sommessamente e poi in maniera sempre più presente e soffocante ha preso parte delle nostre vite: Il social network.



Ed a riprova di quello che stai dicendo avresti delle storie di vita vissuta da raccontare. Storie che hanno divorato anche te e chi hanno coinvolto e consumato fino a farti percepire la realtà fittizia e l’ineluttabilità che L’ultra HD di questa serie ti ha servito su un piatto d’argento, in una semplice domanda: Si può veramente arrivare ad uccidere per amore?


E questa è la prima sberla che ci viene fornita in tempo reale proprio lì, davanti allo schermo. Il primo vero monito che ci viene sbattuto in faccia formato selfie, a ricordarci che, dietro alle nostre facce, i nostri culi o le nostre tette in bella vista e le nostre esistenze, noi siamo schiavi di quei “black mirror” che, quando si accendono, sono in grado di dirci tutto, ma proprio tutto, di tutti.

Dai social per “newbies” ai sistemi di “googling” avanzati, il vero dramma cognitivo/logico/consequenziale è il realizzare che, per quanto sia così comodo spiare la vita degli altri sbirciando da dietro l’angolo con fare distratto, le prime vittime di questo gioco siamo noi.

Possiamo studiare gli altri, vedere i loro spostamenti e salutarli quando arrivano a qualche metro da noi, ma virtualmente. Ed il sapere “fra di noi” dove siamo, il mostrarci troppo o troppo poco, il voler immortalare quel piatto  o quel gatto è la punta di un iceberg che, sotto al pelo dell’acqua, alle volte nasconde un freddissimo mondo fatto di sofferenza.

Rovinarci avvicendevolmente la nostra reputazione online, offenderci o congratularci rappresenta la nuova frontiera del rapporto più umano dell’umano, in cui tutti puntiamo a mostrare la parte migliore di noi con le foto dei nostri figli,  i nostri viaggi, i nostri caffè con il biscottino masticato in maniera perfetta. E quello che mi fa veramente paura non è questo. Perché questo “You”, a differenza dell’analisi fin qui descritta, va ben’ oltre sotto al pelo dell’acqua, dove quell’iceberg galleggia placido. E là sotto, molto più giù, c’è il mondo di chi ci spia senza nemmeno conoscerci, chi ha un account fasullo e ci segue per mesi senza che noi ce ne accorgiamo, fino a masturbarsi guardando le nostre foto o a rovistare nelle nostre immondizie per capire cosa ci piace mangiare per provare,  dopo un attenta analisi fatta di pedinamenti, spiate, informazioni estorte con l’inganno ai nostri amici ignari,  tentare di approcciarci, facendo sembrare tutto spontaneo e fortuito ai nostri occhi.

Ecco perché, forse, questa serie non è per tutti.

Perché se a tutto questo ci si mette su una storia d’amore, di libri, di passioni e di sesso non si può che ripensare a noi stessi ed a tutto quello che ti si va parando di fronte. Ed è triste. Perché se dapprima l’approccio giusto era vivere nel mondo reale filtrando e realizzando che non tutto quello che passava sul nostro telefono era credibilmente incredibile, oggi la paura di commettere un passo falso, di perdere l’occasione di perdere un’occasione è dettata dal fatto che la situazione si è ribaltata, e per la paura di vivere preferiamo spiarci dal buco della serratura, perché là fuori, nel mondo reale, alla fine e per quanto incredibile, è tutto spaventosamente vero.



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