Un giorno di ordinaria follia



“ciao, come stai?”
“bene, tu?”
“…”


Questo è il tipico dialogo con il 97% dell’umanità, dove tu fai per primo la domanda.

Tutti stanno bene. Ma hey, capiamoci, tutto regolare. Alcuni la chiamano etichetta comportamentale, altri apparenza. Per te ha un solo nome. Faccia di coolo.


Perché tu personalmente preferisci dire che stai bene quando stai bene. Alle volte si tratta di valutare le cose guardandosi da fuori. Ascoltare anche chi ti dice che dire che le cose vanno male sempre stufa la gente.

Bene. A quei 5 o 6 che in questi anni disapprovavano il tuo essere sempre stanco o sempre incazzato, a questo punto non dirai come stai. Sapete dove venire a vedere come sto. E se le cose nel momento in cui mi vedrete andranno bene lo vedrete da voi. Ma non aspettatevi l’effetto “show me that smile” tipico della famiglia di “Genitori in Blue Jeans” di quella serie anni 80 li.
Scordatevelo.

Non mi avrete mai.

Ammettere che daggiovane più volte avresti voluto essere al posto di Michael Douglas in questo film è, in se, un’ammissione che in più punti della tua vita ti sei trovato nella posizione di pensare di farti il porto d’armi e comprarti un canne mozze per poi aprire il tuo libro nero, quello che negli anni si è assotigliato fino a sparire. Beh, non esageriamo, quasi.

Poiché andare in giro a piantare palle in testa alla gente meditando la vendetta, quella cattiva, non è, diciamo, la soluzione ai problemi.

Hai capito che chi ti ha fatto un torto o creato problemi per questo o quel motivo alla fine è per lo più gente con dei problemi che ha già di suo un conto grosso così da pagare con la sua vita.

E te ne vai così, per la tua strada, pensando che poi chi si vendica con proclami che iniziano per “sto bene” per dimostrarsi superiore o per il semplice apparire che sta bene sui social ti fa sorridere.

Perché l’amore prende il sopravvento alla fine? No, un cazzo. Cioè, molte volte si, ma non in questi casi e con queste premesse.

Quando si pianta un chiodo sul muro per ogni volta che qualcuno ci fa un torto , poi con il tempo magari si impara a anche a togliergli i chiodi dalla parete, ma il buco resta. Anche se lo stucchi, se ci metti su sette o otto mani di vernice, il fastidio di sapere che il buco è li sotto è e resta un dato di fatto.

Si aprono quindi tre scenari. O se ne esce migliorati pensando che fino all’ultimo le si è provate tutte, o si brama vendetta, o si scoppia.

Ecco, collocheresti il William "Bill" Foster interpretato dal grande Michael Douglas in questa terza e non a caso ultima categoria.

Perché questo ex marine, ex colletto bianco, ex marito ed ex padre di famiglia con ordine restrittivo viene immortalato in un periodo in cui la vita lo ha autenticamente abbandonato.

Ed essere abbandonato dalla vita per lui non può essere sopportabile. Chi può sopportarlo, infondo? Sorvolerai sulla tua parte introspettiva per la quale hai già staccato troppi biglietti e sei all’autentico sold-out, anche laddove la gente si aspetta che tu cada e ti riduca a sparare su altra gente a caso.
Come per te, per William spendere tempo e soldi per percorsi psichiatrici o imbottirsi di pillole non è l’opzione.

Solo che al posto di farsi una ragione delle cose, lui in questo film esplode. Il mondo dovrà temerlo. Perché come dicevi la frustrazione prende il sopravvento. Ed invece di farsi una ragione delle cose lui odierà l’umanità. Quella che punta tutto sull’estetica e sull'apparenza delle cose.

Quella del sorriso triste, dei panini bellissimi sulle menu board dei fast food ma che sul bancone sono delle autentiche paccate di tristeza da mangiare, o dell’America invasa dai cinesi che non sanno parlare la sua lingua.

L'uomo della strada la fuori che si cela  nella sua maschera di ipocrisia o si trascina in quelle strade che schiumano di disperazione quotidiana con la maschera, per il nostro protagonista non è più il pacifico manifesto di ipocrisia che si merita solo la sua ignoranza, perché solo negli accadimenti del film lui si renderà conto dell’ineluttabile verità: anche lui è come tutto il resto di loro.

Ed a quel punto si ribella. Magari nella maniera sbagliata, ma la sua liberazione passa per quella strada tanto difficile che in questa pellicola lo libererà.

Rivedere questi 113 minuti diretti dal sempreverde Joel Schumacher per te equivale all’ennesimo esercizio di autoanalisi. NO. Non imbraccierari una semiautomatica, continuate a camminare sul liston tranquilli, cari Bellunesi. Hai ancora molti colpi da sparare, ma in senso metaforico e per altre cose.

Voto: 5/5

Un grande manifesto sulla natura umana. Un invito a guardarsi da fuori e ad essere onesti con noi stessi, (PER DIO, ALMENO VOI CHE STATE LEGGENDO!) capendo che sempre, sempre, sempre, può esserci un’alternativa ed una soluzione ai problemi.

Altrimenti significa che non sono problemi se non c’è una soluzione. Ed a quel punto conviene passare oltre. Per tutto il resto dell'umanità continuate a sorridere. Va tuuuuuuutto bene :)




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