Dimentica il mio nome




C'è una tipa che fa la scrittrice che si è offerta di leggere le minchiate che scrivi oltre a questo blog (ed è una brava eh... pensate, c'è qualche pazzo che glieli pubblica pure i libri. Cioè, per il ricordo che hai di lei non avresti mai pensato che sarebbe finita a scrivere, e invece, Chapeau!) e che ti bacchetta sul fatto che non puoi scrivere in seconda persona.

Allora tu che fai. Riscrivi le cose che sta leggendo di te in prima. Poi le chiedi il perché non dovresti scrivere in seconda persona. Ti dice che non sei Virgin Radio. #lessonlearned #selodicelei
#noscusamaghesboro

Comunque alla tipa riconosci una cosa. Che nessuno mai ti aveva fatto leggere con interesse. E così, quasi a graziarti, ti ha dato da leggere un fumetto per iniziare, partendo proprio dai tuoi difetti di scrittura. Ti parlava di aprire e chiudere le parentesi. Oh, lo cogli come l’ennesimo segno. Poi glielo spieghi in privato alla tipa il perché.

Cazzo.
Lo hai rifatto.
Hai riaperto una parentesi.
Ok. La chiudi.

Alla tipa, se ora ti fosse davanti gli diresti che forse il tuo stile di vita non è giusto. Quel tuo fare diecimila cose fatte male perché se te ne riesce una da svogliato poi vuol dire che se ti ci impegni quella ti riuscirà bene, forse non è del tutto giusto. Anche se sta povera donna (Da ora userai il nome Erika che non è suo, ma per semplicità di calcolo e per mantenere un sicuro anonimato) non sa che in fondo scrivi al di fuori del blog da poco tempo, e che era una delle diecimila cose fatte male.

Vabbè. Ora al di la del cosa diverrà questa cosa che per ora non ha ne’arte ne’parte, ti sei preso in mano questo “dimentica il mio nome” di Zero Calcare.
Morale: figo. Già conoscevi e blahblahblah… Ma Zero Calcare da sempre delle belle soddisfazioni quando lo leggi.

E sempre per la tipa che magari ci finisce a leggere questo blog:
OK. Da ora in poi uso la prima persona. Già ti immagino, Erika, quando finirai di leggere questa recensione: sarai fluttuante a mezz’aria, con le sfere degli occhi girate all’indietro a dirmi: “Francescoooooooo, che cazzo hai scrittoooo!” con fulmini che ti escono da sopra e sotto...

MAVENIAMOALFUMETTO.

A guardare la storia in se’diresti (emh… DIREI…. DIREI!) che come sempre all’autore piace mescolare la storia della sua vita infarcendo i suoi ricordi di dettagli che si mescolano a situazioni tragicomiche, introspettive, deliranti ed immaginarie al limite della follia mentale degli amici con cui ti trovi al bar dopo la terza birra la sera, il tutto infarcito da citazioni da videogiochi, fumetti, film e quanto di figosamente mozzafiatante avevano gli anni 80 e 90.
ZC dipinge una Roma a volte coatta, a volte completamente surreale negli incontri che fa (che comunque ad occhio e croce si basano su persone reali a cavallo fra finta realtà e vera finzione), con la risultante di un caleidoscopio altamente lisergico dal quale traspaiono non solo le idee che frullano nella testa del fumettaro, Ma anche una verosimile fotografia del contesto di quella Rebibbia dove lui vive, ha il suo tessuto sociale ed alla fine probabilmente sente sua come una perla nella sua ostrica.

Perché al di la del destino di ognuno di noi e del dove Zero Calcare è arrivato, per quanto uno possa odiare il posto da cui viene li c’è casa sua, e non solo in senso letterale. Gli amici, (specialmente quelli inopportuni) i posti di fronte a cui passiamo ogni mattina andando a lavorare e di cui non riusciamo più a cogliere l'intrinseca o la tragicomica bellezza, le esperienze che facciamo che il più delle volte succedono li, e sono tutti importantissimi tasselli che compongono l’ovvio.

Che la si ami o la si odi, casa è sempre casa.

E nel ricostruire i propri buchi temporali fantasticandoci su, capisci la lezione che quella tua amica ti voleva dare: “Apri e chiudi Francesco. Sempre. Guarda lui: in tre pagine lo fa, e più e più volte quando si vuole raccontare. Bisogna sempre chiudere, mai lasciare sospesi”

Divagando, ti viene in mente: E quando si fa di tutto per chiudere ma non si può, perché è troppo personale o troppo difficile? Calcare lo ha capito e lo insegna.
Ci si costruisce una realtà sugli elementi che si hanno. Si tappano buchi con l’immaginazione sarcastica e distorta di ciò che è stato. Il rischio? Di offendere qualcuno? Ancora una volta queste 200 e rotte pagine ti vengono in aiuto ricordandomi che, con un po’di ironia alla fine nulla è perduto.

Anche quando poi scopri che quello che ti eri immaginato era completamente diverso da come era davvero, scoprendo delle voragini abissali.

La vita non è facile per nessuno. Quando cresci poi è più difficile. Ma basta riderci su, nonostante tutto e tutti. Questo fumetto mi  ha fatto ridere nel rumoroso silenzio delle mie notti senza sonno, facendo il verso ai personaggi, immaginandomi che voce avessero ed immaginandomeli nel mondo reale. Facendomi chiudere il libro con un  sorriso grosso così.

Voto: 5/5

Dopo anni di collezionismi vari e fumettame vario stenti a capire la direzione del fumetto italiano, per quel poco che lo leggi. Rammenti di non aver paura o temere le direzioni ed i luoghi sconosciuti. Sono nuovi, non sconosciuti. E questo nuovo ti piace.

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