Starship troopers - fanteria dello spazio




Oggi torniamo alla sana fantascienza, quella cattiva che ha battuto la strada in tempi non sospetti in cui l'uomo è una razza in estinzione dopo che si rende conto di non essere l'unica forma di vita nell'universo.

 
Che ti viene in mente guardando questo Starship Troopers?

Che la vita dei fanti  è una fogna. Che eri un fante quando hai fatto il militare. Ed era una rogna,e che il lavoro sporco tocca a chi è sul campo. E ci aggiungi anche che il tuo bisnonno durante la guerra (racconti di tuo padre#1) era obbligato a fare la carica all'arma bianca perchè avevano pochi proiettili per i fucili, ed il nemico molti di più di tuo nonno & commilitoni. E guai a girarti dall'altra parte per scappare, perchè l'ondata che partiva dopo di te aveva l'ordine di spararti se scappavi dalla prima linea. Puttanate così, insomma.

Altro che cameratismo da najoni alla leva anni 90 come te.

Ma veniamo al film.

Snobbato dai più, surclassato dalla fantascienza delle produzioni fantamilionarie, tu personalmente hai trovato questa “fanteria dello spazio” sempre molto attuale, forse per quel romanzo fantascienzio del 1960 di Robert A. Heinlein da cui questa pellicola è tratta; ecchè ci volete fare, gli anni belli con meno mezzi e più idee erano quelli, in cui si fantasticava, si fantasticava e si fantasticava.

Certo, non era un futuro dei più rosei quello di quel libro li (Ma vaaaaaa?), laddove poco roseo= alieni cattivi (Ma noooo!) e collegati fra di loro da un’entità pensante (ah pero!?) e selvaggiamente grossi ed in preda alla fame cieca di mondi altrui + Governo militare in preda al panico più totale perché, come sempre, loro sono e saranno sempre troppi per noi.

Da questo a intravedere un governo sotto legge marziale dominato dalla cittadinanza guadagnata dal servizio di leva il passo è breve.

Il concetto di cittadino del mondo non è più un diritto in questo scenario, ma una responsabilità che ogni uomo si carica con senso del dovere e diventa un onore, appunto, fare parte di una comunità per difenderla.

La speranza? di sensibilizzare e motivare l'umanità al pericolo imminente. L'essere umano non è più un organismo a se' ma una parte di qualcosa di più grande. L'etica dell'esistenza e della resistenza umana diventano una promessa alla sopravvivenza nonostante tutto. Gli anni passati a combattere fianco a fianco ad etnie diverse dalla tua hanno un significato comune, una grande meta da raggiungere attraverso un difficile percorso di sacrifici.

Se si distoglie il contesto militaresco e lo si guarda per quello che è, la disperazione di questa gente già votata alla morte, (benchè non sempre sia pronta alla guerra ed alla stessa) la motivazione che la federazione riesce ad infondere in questi giovani è quasi "commovente". 

Come stanno facendo governanti Trentini ed Alto Atesini, che con le loro motivazioni e la loro propaganda locale e le loro scelte stanno muovendo l'Alta Pusteria a ribattezzarsi "Zona delle Tre Cime" di Lavaredo privandoci del suo turismo annesso. Solo che qui nessuno si spara. Che forse a questo punto è anche peggio.

E dici quasi "commovente" perchè, benchè figlio dei suoi tempi e delle sue tecniche narrative, questo film nasconde dentro di se secondo te l'impotenza dell'uomo non di fronte ai bestioni di turno, ma di fronte a se stesso nel non voler davvero mai imparare dai suoi errori.

Dietro alla macchina da presa LUI, quel Paul Verhoeven di quel mastodontico Robocop che ha dominato per anni il cinema d'azione. Lo stile a tratti giornalistico in cui chi guarda è informato da dei report in tempo reale sul campo, alternato ai momenti di azione sullo stesso in cui volano selvaggiamente interiora umane miste a scaglie e zampacce aliene, restituisce una simil-eroica pellicola che ha si le sue belle magagne e cadute di stile, ma in certi momenti si ha quasi la percezione che tutto possa funzionare per quanto non eccelso e un po’raffazzonato.

Lo capirà Reeko, giovane caposquadra promosso sul campo (finche’ non lo ammazzano o non trovano qualcuno di più bravo). Fin dalla sua prima discesa nel campo di Klein datu, colonia umana desertica invasa dagli aracnidi (ed in attesa della prossima fermata: la terra), il nostro well-loved capirà che gli uomini sono impotenti di fronte alla loro comune minaccia, in una maniera talmente spiazzante e disarmante che può solo far pensare di evitare la battaglia e gettarsi in pasto al nemico.

Lui vedrà cadere i suoi fratelli in armi come mosche, li vedrà morire fra lo sgomento ed il terrore che i video propagandistici che vediamo durante il film e che hanno mosso il loro spirito patriottico ad arruolarsi non riescono e non vogliono mostrare.

Perché la grandezza umana di quel “armiamoci e partite” che si vene negli interludi di quel futuro non troppo lontano sta a zero se lo paragoni alla guerra vera, quella che parandotisi davanti agli occhi ti fa pensare che tu abbia sbagliato tutto a scegliere di essere li con un fucile in mano, e che forse mentre lo pensi morirai. O da li a poco.

Lo scenario politico pensato nel 1960 era quello che oggi ci propinano oggi i  nostri governanti, con la differenza che la legge marziale li non fa sconti ed i graduati militari (che al tempo stesso in quel contesto sono figure politiche) al governo vengono giustiziati quando mandano migliaia di ragazzi ad un massacro annunciato. 

Alle volte questo ti porta a pensare che forse un po’ di responsabilità ci vorrebbe anche nella politica di oggi quando vengono fatte certe cose, ma prima di lanciare una bomba grossa così su qualcuno che probabilmente ti sta leggendo lasci perdere. Vai a farlo tu il politico, ti direbbe più di qualcuno, altro che blog minchiettagnegnegne. (ma non tutti sanno che prima di presto instaurerai la tua dittatura ed aprirari il tuo libro nero)












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