Ex Machina




Ti stai focalizzando un’po’ troppo sulla fantascienza ultimamente.
Certo, scrivi anche recensioni di altri film e roba buona, appartenenti ad altri generi, e comunque che male c’è?
Ripetete in coro luridissimi vermi: “il blog è tuo e ci scrivi quello che ti pare!”
Tutto chiaro fin qui? Bene. 
Ci sono alcuni spunti interessanti su questo ex machina.
Di pancia diresti che é un film all'inglese, di quelli tendenti all'essenziale, senza fronzoli e un po’asettici. I design, molto tecnici, rispecchiano il contesto tecnologico in cui questo film si colloca.
E non stiamo parlando di una fantascienza luci, suoni e spari.

La colonna portante di questa storia è che, nell’immediato presente, si realizza uno dei più grandi sogni dell’uomo.

La monogamia nel mondo non ha più valore, il reddito di cittadinanza garantisce soldi e birra a tutti e le partite di calcio non sono più a pagamento su sky.
No. Scherzavi. Anche se sarebbe bello vedere cosa succederebbe

In realtà il sogno dell’uomo di cui parlavi è finalmente, aver creato l’intelligenza artificiale.
Per la prima volta però, il concetto stesso di I.A. è legato ad un motore di ricerca globale (ci ricorda qualcosa?) creato da uno dei due protagonisti umani, che usa i dati raccolti nel mondo per alimentare e far evolvere continuamente la mente di Ava (leggesi Eva), robot umanoide che vive con lui in questa magione ipertecnologica situata in un bosco remoto chissà dove.

Il terzo incomodo della storia è un dipendente di questo genio eremita, che viene estratto in un sorteggione aziendale per passare una settimana con il suo capo, avendo il privilegio di essere il secondo al mondo a vedere questi incredibili avanzamenti tecnologici.

Il film precorre i tempi di qualche anno (è del 2015) su quello che mr Mark “io sono internet” Zuckerberg ha annunciato di voler fare prima di ieri cioè creare il pensiero auto senziente artificiale.

Inutile dire come a te siano venuti in mente spunti sull’apprendimento dell’uomo dalla rete, sul fatto che il concentrare archivi ed anni di conoscenza umana in un unico organismo cybernetico sia così profondo es affascinante.

Ma la cosa che comunque ti salta più all’occhio alla fine di questi 108 minuti è che ancora una volta, La macchina è più viva dell’uomo, almeno del creatore della stessa, che vive nella più totale apatia in una routine allucinata ed alienante.

Ava ha paura del suo creatore, ed è in grado di incuriosirsi, ha voglia di conoscere il proprio ospite ed, in alcuni casi, pare si senta mesa alla prova facendo di tutto per fare bella figura.
In questa maniera si perde la cognizione del tempo, i test non sono più test ma una voglia di conoscersi, di capirsi e capire, da parte del protagonista ospite, quanto la sua presenza “a casa del capo” possa essere a sua volta un test.

Il resto dello svolgimento della storia scorre senza intoppi; ci troviamo di fronte all’ennesimo confronto fra uomo e macchina, con l’uomo che gioca a fare Dio e la macchina sua figlia che alla fine si pone domande, avendo i mezzi per rispondersi da sola e maturando l’idea che forse, il suo posto è in parte al suo creatore, e non chiusa in una teca per criceti.

il delirio di onnipotenza dell’uomo quindi assume un altro ruolo centrale, laddove l’uomo è un Dio volubile ed a volte cattivo, ponendo ancora una volta le sue creature a porsi domande sul suo operato e sul loro destino. 



Voto: 4/5

“Più umano dell’umano è il nostro motto”, qualcuno diceva molti anni fa. Il 4 è dovuto all’evoluzione dei contenuti. Un “bene ma non benissimo” per una tematica già affrontata in molte altre pellicole ma mai con questi risvolti e spunti. Il tutto è ben confezionato, credibile, godibile. SIsisi



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